Come promesso nell’ultimo articolo, anche in relazione al fatto che “verba volant, scripta manent”, tengo fede alla parola data e vi racconto un po’ la storia del Kerner, varietà da me non particolarmente amata, ma che questa estate mi ha, invece, fatto ricredere.
Le origini del vitigno e le sue caratteristiche
Il Kerner è un vitigno a bacca bianca semi-aromatico coltivato in Germania, Austria, Svizzera e Alto Adige.
Sul territorio italiano si esprime al meglio in Val Venosta e in Val d’Isarco.
Nasce, appunto, in Germania nel 1929 e fu letteralmente opera del botanico tedesco August Herold che incrociò il vitigno a bacca rossa Schiava Grossa o Trollinger con il vitigno a bacca bianca semi-aromatico Riesling Renano.
Herold dedicò poi l’incrocio varietale a Justinus Kerner, medico e poeta tedesco che scriveva poesie sul vino.
In Italia, il vitigno è presente nel Registro delle Varietà Vitivinicole dal 1981 e dal 1993 è titolare della denominazione Alto Adige Kerner Doc.
Essendo il Riesling preceduto dall’articolo maschile “il” e la Schiava dall’articolo femminile “la”, indicherei il R. come suo il papà e la S. come la sua mamma.
Premesso ciò, come caratteristiche principali il Kerner presenta una buona e costante vigoria produttiva (nel senso che la pianta potenzialmente fa tanta uva) ed è, rispetto al più delicato e capriccioso Riesling, maggiormente resistente alle malattie che sovente attaccano la nostra amatissima Vitis Vinifera ossia peronospera, oidio e botrite.
Predilige i climi freddi, le altitudini e le escursioni termiche.
Germoglia, inoltre, tardi e questa peculiarità fa sì che le gemme siano meno esposte alle pericolose gelate primaverili che spesso condizionano il futuro raccolto.
Difatti, dalle gemme particolarmente danneggiate non si sviluppa il tralcio sul quale si formerà prima il fiore e poi, se fecondato a dovere, il frutto ovvero l’acino.
In poche parole se la gemma viene bruciata niente uva.
Per fortuna su ogni tralcio ci sono più gemme…
Il grappolo del Kerner è medio-piccolo, conico, corto, alato e non particolarmente serrato – le brezze passano tra gli acini, li asciugano e ciò fa sì che non si formino muffe, altro notevole punto a favore.
Inoltre è un vitigno molto versatile dato che può dar vita a vini spumanti, vini fermi e vini dolci.
Generalmente, profuma di frutta esotica, mela e pesca bianca, pompelmo e spezie. A volte tira fuori note vegetali che lo rendono aromaticamente più ricco e un po’ pungente; e il suo DNA è caratterizzato da una minore acidità rispetto a suo papà Riesling e da un maggior corpo.
Spesso gli acini sono densi di zuccheri e, di conseguenza, il vino sarà carico, “grasso” (detto in modo gentile glicerico, morbido) e alcolico.
Ecco, tutti questi connotati ossia un ventaglio aromatico importante tendente a note “dolci”, un sorso pieno, robusto, glicerico nonché un grado alcolico elevato hanno contribuito a tenermi, ripetutamente, lontana dal questo vitigno dotato, invece, di molteplici sfumature e buona “elasticità” aspetti che sempre di più, oggigiorno, ci aiutano a osservare, interpretare e vivere la realtà quotidiana.
Il Kerner di Rielingerhof

È un tardo pomeriggio di metà luglio 2021, il cielo si tinge di rosa e mi si prospetta una di quelle sere di “assaggio e studio”.
Decido di iniziare a conoscere questa realtà vitivinicola, Rielingerhof, partendo con la varietà che è meno nelle mie corde, il Kerner, quello dalle note dolci, grasso e alcolico.
La vendemmia è la 2019, color giallo paglierino con riflessi dorati.
Il suo naso è tipico, nel senso che i profumi parlano di lui.
C’è la mela, la pera, perfino l’albicocca, ma allo stesso tempo si apre subito su note vegetali di erba tagliata e muschio. È leggermente talcato e molto pepato, in particolare pepe bianco.
Assaggio. È la sua acidità a sorprendermi, questa freschezza inattesa che mi fa dire “wow”. Questa costituisce lo scheletro del vino accompagnata da un’incontenibile mineralità di montagna. Siamo a 750 metri sul livello del mare, in bassa Valle Isarco, su terreni sciolti di sabbia e limo ricchi di porfido e ardesia.
Il Kerner che ho nel bicchiere è sapido, quasi salato, persistente e con un finale agrumato. Nessuna stucchevolezza e nessun accenno di dolcezza, note peculiari della varietà. Alcol 13,5% e anche qui vengo sorpresa dalla sua perfetta integrazione con il vino.
È stato lui, il Kerner che non mi piace, a farmi dire “devo andare a conoscere Matthias Messner”.
A settembre 2021 salgo in macchina con destinazione Altopiano di Renon.
Qui, ho avuto il grande piacere di assaggiare il Kerner 2020, più austero della 2019, più agrumato, più floreale, più vegetale e caratterizzato da una mineralità bruciata che ricorda la polvere da sparo.
Vino sottile, snello, teso, ma con grande spessore espressivo e soli 12,5 gradi alcolici.
Una vera meraviglia che ha fatto, inesorabilmente, breccia nel mio cuore.
Ci tengo a precisare che non sono ossessionata dal tenore alcolico di un vino, la cosa più importante è, senza dubbio, che l’alcol sia ben integrato allo stesso; tuttavia quando il vino si presenta ricco di ciccia, estro e personalità, il fatto che abbia un grado alcolico più contenuto me lo rende, soggettivamente, più accattivante avendo nel tempo cambiato il mio modo di “bere”.
In attesa che esca la vendemmia 2021, alcuni locali che mi piace molto frequentare hanno messo nelle loro cantine qualche, a breve introvabile, bottiglia di Kerner 2020 tra cui:
- Ristorante L’Arcangelo
- Rino Montesacro
- Qualbuonvino
- Ultimo Banco
- Sughero
- Campisi
- Mosto’
- Epiro
e nel caso in cui abbiate voglia di condividere la vostra esperienza scrivete a territoriliquidi@gmail.com o alla nostra redazione!