Succede spesso che quando viaggio per il vino, io viaggi da sola.
Ricordo di quando all’inizio avevo vergogna di andare perfino a una degustazione a Roma da sola, e solo dopo qualche mese invece mi sembrava strano andarci con qualcuno… Non ero più ai miei tempi, o meglio ai tempi che quel singolo assaggio mi richiedeva.
Poi “salendo le scale” ho iniziato a viaggiare da me, arrivando perfino in Champagne, facendo sì delle tappe lungo il percorso, ma ardentemente animata dalla voglia di toccare e conoscere quei cru letti e riletti sui libri.
Inutile specificare che tutte queste esperienze le viva in macchina perché non è, a mio modo di vedere, concepibile tornare senza vino!
Succede allora che questa estate mi imbatta nei vini di Rielinger e che questi catturino impetuosamente la mia attenzione.
L’Altopiano di Renon e la Bassa Valle Isarco
Salgo in macchina, arrivo a Bolzano e poi seguo sul crinale della collina in direzione del cielo. Accanto a me ci sono uve, vigne, strapiombi e curve.
A questo punto non è più collina, ma montagna.
Sono in cima, a Collalbo a 1156 metri sul livello del mare, “scavallo” e inizio leggermente a scendere.
La stradina è asfaltata, ma allo stesso tempo molto ripida e stretta. La adoro. La vista mi toglie il respiro, c’è un sole stupendo, l’aria è frizzante, il cielo superazzurro.
Di fronte a me il massiccio dello Sciliar e dietro ancora la Marmolada, in basso il fiume Isarco anche se non riesco a vederlo.

Caratteristiche territoriali e la filosofia aziendale di Rielinger
Il maso di Matthias Messner e Evi Micheli si trova a 750 metri sul livello del mare e le loro vigne si posizionano ad un’altezza compresa tra i 680 e gli 820 metri sul livello del mare. Esposizione sud.
I vigneti sono terrazzati, direi “in picchiata” poiché le pendenze sono incredibili arrivando al 75%-80%.
Tra i filari entra solo un micro trattorino che assume le sembianze di un triciclo; ne consegue che tutti i lavori sono fatti a mano.
In vigna, i filari sono inerbiti, viene praticato il sovescio e contro la peronospora Matthias usa sì il rame, ma anche camomilla e equiseto.
La composizione del terreno è limoso-sabbiosa con una ricca componente di porfido e ardesia. Proprio in cantina troviamo una parete di roccia viva di porfido.

L’azienda è bio certificata, le fermentazioni sono spontanee e si fa un uso limitato di anidride solforosa (siamo sui 30 – 40 milligrammi/litro).
Al momento tre sono gli ettari di proprietà, dai quali Matthias tira fuori 9 etichette raggiungendo le 20.000 bottiglie annue.
Altra caratteristica di notevole riguardo è l’età media delle vigne. Infatti, cominciano ad avere qualche anno sulle spalle la vigna di Müller Thurgau (1976), quella della Schiava (1969) e quella dello Zweigelt, vitigno a bacca rossa austriaco introdotto dal papà di Matthias (1986).
In questo maso del XII sec, acquistato appunto dal padre di Matthias negli anni ‘50, si produce tutto il necessario per provvedere ai bisogni dell’essere umano orientati a una buona vita.
Le galline hanno un ponte panoramico tramite il quale raggiungono il prato a loro destinato, una volta lasciato il pollaio. C’è mamma scrofa con i suoi maialini e qualche mucca.
C’è l’orto, il frutteto e le api.
Trovandoci così in alto i vini sono caratterizzati da una notevole verticalità.
Abbiamo di fronte vini leggiadri, ma allo stesso tempo profondamente espressivi. Sono vini precisi, capaci di fissarsi con forza nella memoria, sebbene Müller e Zweigelt possano assumere vesti più delicate essendo anche i vini più di pronta beva.
Ne passerò in rassegna o meglio in degustazione almeno tre o quattro perciò stay tuned because it has to be continued…