Sono un po’ dispiaciuta dato il ritardo delle righe che mi accingo a scrivere, ma non mi sento di negare di aver avuto bisogno di qualche giorno di tempo per riprendermi dalla notizia.
Vladimir Putin pronuncia delle forti dichiarazioni e decide non solo di chiamare le bollicine russe shampanskoe, ma anche di togliere ai francesi il diritto di chiamare i (loro) vini provenienti da quella regione come si sono sempre chiamati, ovvero Champagne.
Come ciliegina sulla torta, inoltre, dal momento in cui tale legge entrerà in vigore solo le bolle russe potranno chiamarsi così e “la regola si applica senza eccezioni”.
Ringraziando il cielo le maison di Moet Chandon, Veuve Clicquot e Dom Perignon (tutte appartenenti al gruppo LVMH) hanno bloccato immediatamente le esportazioni in attesa sia di ulteriori sviluppi, sia di definizione delle strategie di difesa.
Le denominazioni d’origine come identità culturale e territoriale
Lasciando da parte il sarcasmo, rimango basita dalla notizia, anche perché le denominazioni di origine sono nate proprio per difendere i prodotti che provengono dai territori dove sono nati. Uso volontariamente il verbo “nascere”.
Inoltre, sono a difesa delle materie prime (in questo caso dei vini), delle tecniche di produzione e delle tradizioni degli uomini.

Nel lontano 22 luglio 1927 sono state scritte nero su bianco le regole per la produzione dello Champagne e da quel giorno non sono più state cambiate. E ci hanno provato, in primis loro, i francesi.
Tuttavia, al Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne non importa che questo liquido sia il vino più famoso del mondo e non gli importa che alcune bottiglie raggiungano prezzi da capogiro. Il territorio non si tocca.
15.000 sono i vignaioli che interpretano gli attuali 34.000 ettari di vigneti che si trovano a 150 chilometri da Parigi con direzione nord-est.
17 i villaggi classificati grand crus e 44 i villaggi classificati come premier crus.

In tanti altri villaggi della regione si producono uve e vini straordinari. Ma i grand crus restano sempre, ancora, e comunque 17. E i premier crus sempre, ancora e comunque 44!!! Neanche i confini si toccano e non sono previsti upgrade.
Alcune piccole cose si possono modificare, altre dato che funzionano, no.
Solo che poi succede che il 2 luglio 2021 Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa, stabilisce – annettendosi una denominazione non sua – che tra qualche giorno (se la legge non subirà variazioni) solo i vini spumanti russi potranno chiamarsi Champagne.
Prime informazioni sul disciplinare di produzione dello Champagne
Mi chiedo, innanzitutto, se ci sia personalmente andato il Presidente russo a visitare quella splendida regione che si trova tra il 48° e il 49,5° di latitudine nord del globo o se abbia solo tante loro bottiglie nella sua cantina.
Mi chiedo se prima di tali forti dichiarazioni l’abbia letto quel disciplinare, e se abbia compreso che, al di là dell’altitudine delle colline e delle pendenze più o meno marcate, il sottosuolo è composto da calcare, gesso, silicio, fossili e conchiglie.
Milioni di anni fa lì c’era il mare. Ve l’avevo anticipato che spesso dietro i grandi vini c’è stato il mare. In Russia c’era questo mare? Com’è la composizione del suolo della Crimea? (dovrebbe essere questa la regione eletta per la produzione dei nuovi shampanskoe).
Poi mi chiedo se l’Egregio Presidente conosce con quali uve questo vino, che da più di 200 anni regna sulle tavole russe, sia fatto. Anche queste sono stabilite dal disciplinare.
E sono 7: pinot nero, pinot meunier, chardonnay, arbanne, pinot blanc, pinot gris e petit meslier.
Continuo.
Mi chiedo se questi vitigni avranno la capacità di crescere bene in Russia e chissà se si adatteranno in modo soddisfacente a quei terreni.
Mi chiedo se avranno comunque le ore di luce necessarie al loro sviluppo perché, in realtà, ci sono diversi motivi per cui questa storia, quella dello Champagne, funziona.
I terreni sono tendenzialmente bianchi e rocciosi quindi riflettono la luce e drenano la tanta acqua che cade ogni anno dal cielo.
Cosa intende fare il Presidente a riguardo?! Spargere forse un po’ di calcare e gesso tra i filari?!
Peccato però che in Champagne ci siano “grattacieli” di calcare e gesso nel sottosuolo. Ops!
E a documentare tale fenomeno ci sono innumerevoli foto di cantine, grandi o piccole che siano, che hanno delle pareti di roccia viva al loro interno.

Sono davvero tante le domande che vorrei rivolgere al Presidente di Russia e non sono neanche un vigneron della regione della Champagne Ardenne io…
Tuttavia questa faccenda complicata tra Russia e Francia in primo luogo, e Russia e Unione Europea in secondo luogo, e ascrizione “autoritaria” di denominazioni d’origine non proprie in terzo luogo è solo all’inizio.
Attendiamo i prossimi passi.