Come procede il viaggio sensoriale volto alla riscoperta e memorizzazione dei profumi?
Care Romane e Romani, avete goduto di questo santo ponte per mettere nel paniere qualche odore dimenticato?
Spero tanto di sì e mentre scrivo mi piacerebbe trasformarmi in un’ape per dare (darvi) una “sbirciatina” svolazzando qua e là.
Non ho la pretesa di insegnare, tuttavia mi piacerebbe “impollinare” curiosità…
Sono in vena di romanticismo e vi confesso che vi considero un po’ i miei fiori.
Tornando ai profumi del vino, continuerei il percorso con le successive famiglie aromatiche, avendo lasciato il discorso a metà nel precedente articolo (Guarda, Odora, Assaggia #secondaparte) per non annoiarvi troppo.
Sentori minerali
Il territorio di provenienza di un vino, inteso come zona di produzione, e la composizione del terreno sono elementi fondamentali per capire da dove questo viene.
Inizialmente i profumi minerali sono difficili da inquadrare, riconoscere e distinguere, ma poi con l’esercizio le informazioni sensoriali si immagazzinano e non ci lasciano più.
Certo, è complicato immaginare di ritrovare nel vino l’odore di ferro, ardesia, quarzo, granito, scisti, calcare, gesso, pietra focaia, silicio, grafite… tuttavia queste percezioni aromatiche sono presenti in ogni calice (di qualità).

La mineralità, percepita prima al naso e poi in bocca, costituisce uno dei fattori chiave e indicatori della regione di origine del vino.
Sembrerà inverosimile, ma invece è proprio così!
Succede, infatti, di capire che siamo di fronte per esempio ad uno Chablis perché oltre a individuare i profumi dello Chardonnay, nonché le note un po’ burrose e un po’ tostate (derivanti dalla fermentazione alcolica e malolattica che avvengono in legno), percepiamo un penetrante profumo di iodio e salsedine.Milioni di anni fa lì c’era il mare e i vigneti sono pieni di conchiglie e fossili marini.

Inoltre, non è raro che dietro un grande vino ci sia stato il mare.
Io stessa li ho trovati perfino a Montalcino.

Le radici della vite scendono in profondità tra rocce, minerali e substrati, si nutrono per il presente e immagazzinano per il futuro prossimo sia le riserve necessarie alla sopravvivenza quotidiana, sia quelle utili per affrontare i momenti più difficili come, ad esempio, la sempre più frequente siccità.
Profumi speziati
Questi aromi ci parlano della cucina e di terre lontane, sebbene siano reperibili negli splendidi mercati che abbiamo disseminati sul globo.
Possono rispecchiarsi sia negli aromi primari del vino (tipico è il caso del Syrah-pepe nero), sia negli aromi secondari con il binomio vaniglia-barrique, sia in quelli terziari con la coppia chiodi di garofano-evoluzione in bottiglia.

In questa grande famiglia troviamo il pepe (nero, bianco, verde e rosa), il cardamomo, l’anice stellato e non, la noce moscata, la cannella, la vaniglia, i chiodi di garofano, lo zafferano, il curry, la curcuma, lo zenzero…
Profumi tostati
Tali sentori appartengono, invece, principalmente alla categoria degli aromi secondari in quanto derivano dall’azione dei lieviti, dalla fermentazione malolattica e dall’affinamento in legno (e dalla portata della tostatura dello stesso).
Si sviluppano individuandosi con note di crosta di pane, pan brioche, forno, pasticceria, burro, amaretto, plum cake, marzapane, creme caramel, cacao, cioccolato – al latte, bianco e fondente – caffè, tabacco dolce, da pipa, sigaro…
Possono assumere dei connotati più soavi e avvolgenti piuttosto che più scuri come nel caso di cacao, sigaro o note affumicate.
Profumi animali
Esistono giuro!
In questo gruppo rientrano sentori forti e spiccati. E di nuovo, quando codificati nella nostra memoria cognitiva risultano difficilmente dimenticabili.
Tiriamo fuori dal cilindro il cuoio, il pellame, la lana o le piume bagnate, la pellicia o foxy, la selvaggina, la sella del cavallo sudato.
Quando tali profumi sono accennati, andando ad arricchire il bagaglio olfattivo del nostro calice, sono ritenuti beneaccetti e benvenuti. Caratteristico può essere, attenzione attenzione, il sentore di merde de poule in alcuni Pinot Nero borgognoni.
Quando, al contrario, tali aromi risultano però dominanti, rimanendo di conseguenza difficile percepire le note odorose del vino, esiste una buona possibilità che tale vino sia difettato perché i Brettanomyces (particolari lieviti), avendo lavorato male, hanno così preso direzioni sbagliate generando odori sgradevoli. Molto sgradevoli. Con destinazione lavandino!
Profumi eterei
Questo genere è rappresentato da odori seducenti: non che gli altri non lo siano, ma nell’etereo si manifesta, a mio avviso, il percorso vitale del vino.
Si percepisce il suo fluire nel tempo, il suo passare per gradi e per fasi. Si percepisce appunto l’evoluzione.
I fiori freschi diventano secchi, le erbe aromatiche si trasformano in piante officinali, il miele in cera d’api, gli idrocarburi in petrolio e cherosene, poi smalti e vernici, incenso, ceralacca, le note iodate e salmastre.
Con alcuni vini l’etereo assume addirittura un tratto di eternità, mutevole e durevole allo stesso tempo.
Quei vini che stanno in bottiglia quarant’anni e vedono le marachelle di due generazioni.
Quante ne potrebbero raccontare…