Frottole prêt-à-porter
Sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di ascoltare delle castronerie provenienti da conversazioni altrui. Direte che è maleducazione farlo, e avete ragione, tuttavia spesso questo risulta, anzi risultava inevitabile perché ci trovavamo seduti vicini ai nostri sconosciuti. Che bei tempi che erano quelli, ci incontravamo in bar, ristoranti o all’uscita di qualche museo e capitava così di carpire parole a vanvera altrui.
Mi sento sollevata perché, negli ultimi giorni, sempre più spesso si legge e vocifera che presto torneremo a farlo! Inizieremo a camminare di nuovo, muovendo i primi passi verso la socialità. E verso le ben ritrovate castronerie.
Se ne dicono tante, in ogni settore e pertanto anche sul vino.
Da un lato non so da dove iniziare, dall’altro mi sento di partire dai più ricorrenti capisaldi.
Se il vino ha le bollicine non è necessariamente Prosecco!
In Italia ci sono diverse zone dove si producono vini spumanti. Le più famose hanno un disciplinare di produzione e una denominazione di origine DOCG o DOC.
Solo di Prosecco ci sono quattro DOCG – Cartizze, Rive, Conegliano Valdobbiadene, Asolo – e una DOC ovvero Prosecco DOC. Il disciplinare è stato recentemente modificato (agosto 2019), il dibattito è aperto e servirebbero ettolitri di parole, ma… ci torneremo. Questo era per dire che un vino spumante potrebbe essere Prosecco, ma non lo è per forza.
Il soggetto in questione potrebbe essere un Franciacorta DOCG, un Trento DOC, un Alta Langa DOCG, un Oltrepo’ Pavese DOCG.
E cosa cambia? Cambia, in primis, la zona di produzione delle uve, il clima, la composizione del terreno, le altitudini, le varietà utilizzate, le rese per ettaro, il metodo di produzione (Classico o Charmat) etc.
E quindi? E quindi a Gussago – in Franciacorta – il Prosecco non si può produrre.
“I vini rosati si fanno mischiando vino bianco e vino rosso insieme”
n.b. questa credenza erronea disgraziatamente esisteva, sebbene fino al 2008 fosse falsa come una banconota da 7 euro.
Nel RE n. 479/08 (e idem nel successivo RE n. 1308/13) si dichiara nero su bianco che “un vino rosato non può essere prodotto mediante il taglio di un vino bianco senza DOP o senza IGP con un vino rosso senza DOP o senza IGP”.
La nuova regola comunitaria è che, quindi, i vini per la miscela siano DOP e/o IGP. Punto.
Francia e Italia si sono ribellate a tale turpitudine, ritenuta prima di questa normativa illegale e quindi vietata dalla legge.
La suddetta pratica era, infatti, ammessa solo in Francia limitatamente alla produzione di Champagne Rosé e pensata come ulteriore tecnica per raggiungere un vino spumante vestito di rosa.
Vi rassicuro dicendo che nessun vignaiolo che ha a cuore casa e figli ovvero territorio e vini, oserà anche solo lontanamente contemplare l’ipotesi di utilizzare la nuova formula partorita dall’UE secondo cui, come ciliegina sulla torta, il vino rosato non è degno di propria menzione perché equiparato nel testo a vino rosso.
Di contro, non mi sento però di escludere in toto il fatto che, in futuro, grandi aziende, desiderose di ingenti guadagni, daranno il via a tale pratica, generando nuove miscele destinate, magari, al sud est asiatico, dove comunemente ancora la cultura del buon vino non esiste o è riservata a pochi. Personalmente, mi auguro che qualche bottiglia rigorosamente di plastica, tenuta sotto il sole cocente e contenente l’ipotetica miscela sia consegnata direttamente sulle tavole di avete capito chi ☺. Sia chiaro, in edizione limitatissima al tasting !

Come si ottiene un vino rosato “tradizionale”
Ci tengo a precisare che per ottenere un vino rosé le tecniche utilizzate sono a) la pressatura diretta delle uve, b) la breve macerazione con le bucce che oscilla generalmente tra le 6 e le 48 ore, c) l’impiego di uve a bacca nera poco pigmentate, d) il salasso ovvero si preleva una parte di mosto dalla vasca di fermentazione dove si stanno vinificando uve a bacca nera e tale partita viene vinificata in bianco – senza bucce.
n.b. Il presupposto per la vinificazione in rosa sono uve a bacca nera!
Ripromettendomi di tornare presto sull’argomento, alleggerirei la conclusione sfatando un altro grande mito avente i vini rossi come attori protagonisti. Pare che vadano bevuti caldi (+ 20° centigradi) e quando al ristorante ci veniva proposta una bottiglia tiepida spesso si rimaneva in silenzio.
I vini rossi leggeri con tannini non irruenti possono essere serviti e bevuti freschi – 15° gradi centigradi – e la gioia sarà tanta!
Si suggerisce a tal proposito di verificare personalmente prendendo come oggetto dell’esperimento una Schiava, una Grenache, un Pinot Nero non importante o un Frappato.
n.b. non al supermercato, grazie!!!