Brexit nella mente dei “Leavers” significava porte chiuse agli stranieri. Invece è cresciuta a dismisura la quota di extracomunitari, e con Ucraina e Hong Kong le stime esplodono.
Lo scenario
I dati recenti dell’Home Office mostrano che il numero di lavoratori, studenti e familiari a cui è stato concesso il visto per il Regno Unito è già aumentato di oltre il 50% a quota oltre 840 mila, da quando nel 2016 si è votato il referendum per lasciare l’UE; di questi circa 50 mila erano europei e il resto extracomunitari.
Stando a British Future, un think tank specializzato in immigrazione e integrazione, la riduzione della soglia di salario minimo per lavoratori stranieri, la scarsità di manodopera e la fine delle restrizioni per gli studenti che rimangono a lavorare dopo la laurea, hanno contribuito alla crescita degli arrivi.
I numeri nel 2022 saranno spinti verso l’alto anche dai circa 50 mila rifugiati ucraini in fuga dalla guerra, e fino a 150 mila persone provenienti da Hong Kong che arrivano nel Regno Unito con visti British National Overseas.
Impressiona la crescita degli studenti africani e asiatici: +415% di nigeriani, +256% pachistani, +164 indiani.
Cosa non ha funzionato?
In realtà nulla è andato storto. Secondo il piano di Boris Johnson “riprendere il controllo delle frontiere” ha significato non chiudere, ma aprire solo a persone qualificate, utilizzando il nuovo sistema di immigrazione a punti che privilegia questi profili. Porte aperte a ricercatori, esperti informatici e sanitari, stop a camerieri e baristi.
