Il Donbass custodisce una ricchezza naturale fatta di combustibili fossili, metalli e terre rare essenziali per dominare l’industria del futuro.
Il Donbass nell’URSS
Il poster propagandistico sovietico riportato qui sotto risale al 1921, e recita in caratteri cirillici “Il Donbass è il cuore della Russia” a rimarcare, qualora non fosse chiaro dalla cartina, l’importanza nevralgica della regione nell’industria del XX secolo.

Il Donbass è tuttora il punto dove si concentrano le maggiori riserve di materie prime. Giacimenti di carbone, gas naturale, petrolio, ferro, titanio, manganese, uranio, ma anche metalli e terre rare, vitali nella componentistica degli smartphone, delle batterie a litio, dei droni da combattimento.
Ci sono riserve non ancora sfruttate che potrebbero avere un peso rilevante sugli approvvigionamenti globali, se si considera che già oggi la produzione mondiale di metalli e terre rare è dominata dalla Cina col 42%.
Quanto vale il Donbass?
Solo questa regione valeva il 14% del PIL ucraino prima della guerra, e pur essendo l’Ucraina uno dei Paesi più poveri d’Europa per PIL pro capite, è anche tra i più ricchi al mondo di risorse minerarie, un settore che vale il 42% del prodotto interno lordo.
L’Ucraina è anche il settimo esportatore di carbone nel mondo e la più grande riserva di manganese in Europa.
Il Donbass conta riserve per 34 miliardi di tonnellate di carbone, 135 milioni di tonnellate di petrolio, 1.100 miliardi di metri cubi di gas naturale, 27 miliardi di tonnellate di ferro e diverse altre risorse naturali.
Gli obiettivi non dichiarati di Putin
Se tralasciamo gli asseriti motivi della cosiddetta “operazione speciale” della Federazione Russa (denazificazione e protezione dei russofoni), possiamo ragionevolmente pensare che la concentrazione di materie prime nella regione un tempo “cuore della Russia”, siano un obiettivo plausibile non dichiarato per assicurare un rafforzamento strategico nell’industria bellica, energetica e tecnologica della Russia.