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Vita da Registrar

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Alla scoperta del ruolo di registar, connubio di praticità e passione: intervista a chi svolge questa particolare professione del mondo dell'arte!
Vita da Registrar

Ho sempre nutrito un misto di invidia ed ammirazione per coloro che fin dal liceo, se non prima, avevano una chiara idea del loro futuro, una passione trainante che indicasse loro la via, un obiettivo da perseguire. È una condizione auspicabile che consente di sfruttare al massimo tempo ed energie, no?

Dalla materna ad oggi la mia ispirazione ha volteggiato dalla veterinaria alla guidatrice di mongolfiere, dalla cassiera alla traduttrice, dalla creativa Disney all’insegnante, e alla mia veneranda età mi sto ancora (dis)orientando.

L’arte è una linea intorno ai tuoi pensieri (G. Klimt)

Invece ha molto senso che Elisa Di Agostino, per gli amici Eda, oggi lavori nel campo dell’arte. Certo, anche nel suo caso il tiro si è aggiustato nell’arco del tempo e dell’Europa: dopo una breve parentesi veterinaria (ci caschiamo tutti, tranquilla), si immerge negli studi di Storia dell’Arte alla Sapienza di Roma e alla Sorbonne di Parigi; poi crea e porta avanti un blog (www.arttrip.it) per gli amanti del turismo e dell’arte nel frattempo svolge il servizio civile nella Galleria Borghese. Torna subito a Caen e si dedica anche alla scrittura, pubblicando tre racconti (Radici per Augh Edizioni, Ogni maledetta domenica nella raccolta “Parole d’Italia” del premio Castellum, La fornaia che non dormiva mai, auto-pubblicato su Bookabook). Infine, grazie anche ad un master presso l’École du Louvre, approda alla sua attuale professione: registrar.

Professione: registrar

Quando Elisa mi confidò di voler puntare a divenire una registrar (mission accomplished!), ammetto che cascai un po’ dal pero. Sebbene ormai abbia le idee un po’ più chiare, preferisco comunque affidarmi alla sua competenza nell’illustrare questa figura affascinante!

Q1. Partiamo dal principio: tu sei una storica dell’arte di “tendenze” medieviste, giusto?

Alla scoperta del ruolo di registar, connubio di praticità e passione: intervista a chi svolge questa particolare professione del mondo dell'arte!
Vita da Registrar: Elisa al Partenone (foto da Arttrip)

A1. Sì, il mio primo amore è stato per le chiese medievali ed è nel periodo medievale che mi sono specializzata prima di diventare registrar. Da quando ero bambina mi hanno sempre affascinato gli edifici medievali, i castelli, le cattedrali, i palazzi con i loro affreschi coloratissimi:  poi studiando storia dell’arte e viaggiando mi sono resa conto che l’arte di ogni epoca riflette il proprio tempo e, che incontri o meno il gusto personale, è interessante da studiare e da capire.

Q2. Come hai scovato questo ruolo particolare nel settore?

A2. Non conoscevo la professione del registrar e alla fine dell’università in realtà avevo le idee piuttosto confuse. Durante il servizio civile ho assistito all’allestimento di una mostra e quando ho visto una registrar coordinare una squadra per spostare una statua mi sono detta che sarebbe stato fantastico poter unire il mio senso pratico alla passione per l’arte. Sempre durante l’allestimento della mostra ho incontrato la registrar di un dipartimento del Louvre: sono rimasta a parlare con lei più di un’ora, mi ha spiegato il suo lavoro e ha risposto a molte delle mie domande. Vedere la mostra prendere forma sotto ai miei occhi è stato fantastico e ho deciso di fare uno stage in regia delle opere.

Q3. Quali sono le mansioni principali di una registrar?

A3. La figura del registrar nasce negli anni ‘70-’80 quando si iniziarono ad organizzare grandi mostre internazionali e le opere d’arte iniziarono a “viaggiare” senza sosta. Il registrar dapprima era la persona che teneva letteralmente il registro delle opere in entrata ed in uscita, poi ha iniziato a definirsi come figura incaricata dello spostamento e della sicurezza delle opere durante i viaggi. Oggi le mansioni di un registrar sono molto varie: nei grandi musei ci sono registrar specializzati in allestimento delle esposizioni, altri nelle collezioni permanenti, altri nei depositi. In un museo piccolino come quello in cui lavoro io bisogna fare un po’ di tutto ed è quello che mi piace di più. A volte occorre fare del bricolage vero e proprio, avvitare e svitare cornici, riadattare casse per il trasporto delle opere, fabbricare imballaggi per conservarle bene, prendere misure. Altre volte si passano giorni interi davanti al computer a riempire una base di dati o a compilare moduli per l’acquisizione o il restauro da trasmettere alla soprintendenza.

Q4. Il dizionario traduce “registrar” in “archivista”, ma non mi pare sia l’esatto equivalente…?

A4. I musei conservano molte più opere di quelle che si vedono esposte: nei depositi del museo dove lavoro ci sono circa il 95% delle collezioni, ad esempio. Vale a dire che il pubblico vede solo la punta di un iceberg. Per un registrar di solito buona parte del lavoro si svolge nei deposito. Le opere hanno sempre bisogno di manutenzione, di essere spolverate, controllate, studiate. Quando hai 11.000 opere tra quadri, statue, disegni, fotografie e mobili devi essere organizzato ed è fondamentale tracciare dove si trovano le opere e in che stato sono (ed io lavoro in un museo piuttosto piccolo! Immaginate il numero di opere in un museo di grandi dimensioni!). Capita ogni giorno che un ricercatore, un conservatore o una guida ti chiedano di vedere un’opera, di poter avere una foto o delle informazioni. Quindi sì, molti registrar sono anche un pò archivisti. Dobbiamo conservare i rapporti di restauro, le foto e tutte le informazioni che troviamo su un artista o un’opera. Infatti dopo aver tirato fuori l’opera per lo studioso o lo studente, gli chiedo sempre di passarmi la sua tesi o il suo articolo per la documentazione. Solo attraverso la ricerca le opere acquistano valore e identità.

Q5. Ci spiegavi che bisogna anche un po’ “sporcarsi le mani”…

A5. La conservazione preventiva è un altro aspetto importantissimo: controllare lo stato di “salute” delle opere assicurandosi che la temperatura e l’igrometria (percentuale di umidità relativa) siano giuste e stabili, che non ci siano insetti, che non ci sia polvere… a seconda del tipo di opera ci sono diversi fattori di rischio che vanno valutati. Tutte le opere su carta, cartone o tessuto ad esempio, sbiadiscono e bisogna stare attenti a non esporle a luce troppo forte o in presenza di raggi UV. Bisogna capire bene la tipologia di opera ed i materiali che la compongono e prendere le giuste precauzioni.   

Poi ci sono altre cose ancora, tipo il terribile piano di emergenza, che mi ha messa davvero in crisi, in cui devi decidere la priorità di evacuazione delle opere. Praticamente ti chiedono di decidere quale dei tuoi figli salveresti prima in caso di incendio, quale in caso di inondazione… e la tua risposta sarebbe “non puoi chiedermi di scegliere, se stanno qui sono tutte importanti, sono patrimonio dell’umanità, le devi salvare tutte!” ma… devi mettere da parte il tuo gusto personale e la tua passione per l’arte e scegliere, pragmaticamente, quale opera i pompieri dovranno evacuare per prima.

Oh, poi ci sono cose noiosissime eh, basi di dati da riempire, rapporti interminabili da compilare, gare d’appalto da creare… l’altro lato della medaglia!

Arte & Ambiente

Alla scoperta del ruolo di registar, connubio di praticità e passione: intervista a chi svolge questa particolare professione del mondo dell'arte!
Vita da registrar: imballaggi per mostre

Q6. Da diversi anni stai portando avanti una campagna di sensibilizzazione ai problemi ambientali, finalizzata in particolare a ridurre sprechi ed inquinamento. È un tema che interessa anche questo settore?

A6. Per una mostra si producono tantissimi rifiuti: quando va meglio le opere sono imballate con cartone o carta da imballaggio (quella di cui ci piace scoppiare le bolle, per capirci) ma nella maggior parte dei casi viaggiano in casse di legno fabbricate su misura e guarnite di polietilene, un materiale plastico che ammortizza gli shock. A diretto contatto con l’opera viene di solito messo il Tyvek, un tessuto che ha molte qualità (non provoca microabrasioni, è neutro quindi non rischia di alterare la fattura…) ma è anche esso è a base di polietilene. Dopo la mostra di solito queste casse e il loro contenuto vengono distrutte, quindi l’impatto ambientale è altissimo, senza parlare dei trasporti e di tutta la carta utilizzata per i vari contratti, scambi etc…

Q7. Secondo te c’è qualche buona pratica applicabile anche nel mondo dell’arte e/o museale?

A7. Sì, ce ne sono: assisto a tutte le conferenze sul migliorare ed abbassare l’impatto ambientale nel mondo dell’arte che trovo e intanto tento di dare il mio contributo. 

Al museo ad esempio cerco di conservare più casse possibili e di riadattarne le dimensioni. Sto studiando delle tipologie di imballaggi riutilizzabili usando dei nastri di cotone naturali al posto dello scotch, quando possibile, e usando più e più volte il polietilene e il tyvek. Un’altra strada è la condivisione dei materiali: prossimamente farò l’inventario delle casse che abbiamo salvato e le metterò nel network regionale dei musei, in modo che se un museo vicino ha bisogno di una cassa di una certa dimensione, possa venire a prenderla da me invece che farla fabbricare. In questo modo si risparmierebbero soldi pubblici e soprattutto si aiuterebbe il pianeta. La cultura non deve andare a discapito dell’ambiente. C’è ancora tanto da studiare e da fare, la strada è lunga ma già che se ne parli molto qui in Francia mi fa ben sperare, c’è molta consapevolezza e voglia di trovare soluzioni alternative.

Alla scoperta del ruolo di registar, connubio di praticità e passione: intervista a chi svolge questa particolare professione del mondo dell'arte!
Vita da Registrar: Elisa in Normandia (foto da Arttrip)

Q8. Italia sì, Italia ni?

A8. In Italia il mondo della cultura è di difficilissimo accesso. La Francia mi ha dato possibilità che l’italia non ha saputo darmi e per questo non posso che cercare di svolgere questo lavoro tanto appassionante al meglio delle mie possibilità ogni giorno. Lavorare a contatto con capolavori è una grande responsabilità ma è anche un grandissimo privilegio per cui sono grata ogni singolo giorno.

La storia di Eda, oltre ad essere di grande ispirazione per il suo talento e forza di volontà, mi regala un’ulteriore dose di speranza: a quanto pare il mondo è pieno di mirabolanti professioni di cui non sono a conoscenza!

Voi ne avete qualcuna da condividere?

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Non mi posso firmare con le sole iniziali per ovvi riferimenti sanitari e la cosa mi ha sempre un po’ infastidito. Non mi piacciono i dogmi, le zanzare, il calcio quando non giocano miei amici, il minestrone, le calze, non vivere in un posto di mare, la trap, la fisica, la polemica sterile, qualsiasi temperatura sotto i 25°C, le zanzare, i prepotenti, l’Assassinio di Jesse James, le zanzare. Tutto il resto, volentieri!