Il film
L’età dell’oro o età aurea, aurea aetas, è un’era di prosperità e abbondanza.
Un discorso, quello che Arabella fa a suo figlio Sid nell’adattamento cinematografico del libro L’età d’oro – Il caso Véronique di Francesca Romana Massaro e Silvana Silvestri, pubblicato da Emmebi edizioni, che mi ha lasciata particolarmente colpita poiché descrive l’incognita del figlio.
Un figlio è sempre un’incognita, un enigma, è fare esperienza di qualcosa che non si può prevedere.
“Il figlio non è forse un mistero che resiste a ogni sforzo di interpretazione?”. “È un fatto: ogni figlio porta con sé – già nel suo respiro – un segreto inaccessibile.” M. Recalcati (Il segreto del figlio, Massimo Recalcati edito da Feltrinelli).
Una pellicola che omaggia e si ispira alla figura di Annabella Miscuglio (Arabella) e al rapporto con suo figlio Pierluigi Alto (Sid), rapporto caratterizzato dalle domande di cosa vuole una madre, JSid torna nella sua terra natia, sulle tracce della madre, forzosamente costretto dalla sua perdita.
Madre, una madre passionaria del cinema, dei collettivi femministi, regista di pellicole sperimentali, protagonista dei cineclub; presa da un desiderio che spesso interroga suo figlio, tra i campi roventi di una Monopoli sessantottina, nascosto tra i fichi d’india a chiedersi dove fosse suo padre.
Una perfetta cornice crepuscolare in cui inserire degli ideali non sottoposti ad oblio, anzi di cui aver memoria e mancanza; come luce sui valori e sulla politica.
Gli amici della madre: il giudice, il prete, l’architetto e la giornalista, tutti innamorati di lei, tutti nella corte dei miracoli costruita sulle note della loro amicizia che prende la forma di un anfiteatro in cui proiettare pellicole, chiamato appunto, –l’età d’oro-.
La regista ripercorre, elaborando, la vita di Arabella e delle sue relazioni, del rapporto con il figlio con cui intesse un dialogo inizialmente condito di toni aspri, acredine che si legge negli sguardi, poi accogliente e comprensivo in uno spazio di dialogo che sancisce la relazione di quel che ci si augura essere rapporto madre figlio.
L’era
Il lungometraggio di cui la regista piemontese si fa da padrona, esce in una data specifica: 15 novembre 1985, anniversario trentennale della sentenza de “Il caso Véronique” trasmessa da “AAA Offresi”. “AAA Offresi” è una trasmissione televisiva creata appunto da Annabella e dal collettivo di cui faceva parte. Un esemplare sessantottino, dove la libertà, la trasgressione e l’avanguardia tentava con ogni mezzo di uscire dal guscio della società silente e perbenista che vigeva fino a quel momento.
La donna
Arabella chiama la sua arena ‘L’età d’oro’ in omaggio al film di Buñuel, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico spagnolo.
Per il figlio, questa smodata passione è difficile da sostenere, tanto che ne prende le distanze, cercando riparo dalla neutralizzazione della camera che la madre imbraccia nei suoi ricordi di infanzia, caratterizzati da una solitudine e ricerca di esclusività nel rapporto materno, mai soddisfatte.
Sid, era “visto” dal mono-occhio camera che lo inquadrava mentre udiva sollecitazioni dalla madre che d’un colpo spostava l’obiettivo sugli altri protagonisti della scena invocando amici e ricordi che alla sua scomparsa con livore, il figlio tenta di ripercorrere.
Da Mario Schifano a Jean-Luc Godard, da Alberto Grifi a Dominique Sanda: sono alcuni dei nomi che frequentavano la casa in cui Annabella raccoglieva l’arte al suo tempo. La regista Emanuela Piovano in una pellicola racconta del suo rapporto con Annabella Miscuglio, di cui è stata assistente ma ancora prima ammiratrice.
La nostalgia del tempo che è stato è il tratto primario del film, ma ancor prima del romanzo da cui è tratto. Le autrici, Francesca Romana Massaro e Silvana Silvestri, inneggiano al tempo passato, perduto, il tempo d’oro in cui le idee, politiche e non solo, diventano atti.
L’età d’oro, e il suo luogo fisico, l’arena, sono la rappresentazione simbolica del credo di Arabella, mai ceduto al cinismo e agli attacchi politici, divenendo un tempio in cui i propri ideali hanno valore e forma, dove la bellezza dell’epoca che è stata viene chiamata in causa, non solo come ricordo ma come esempio e sguardo stabile verso il futuro.
La madre
“Senti Sid io non so che genere di madre sono stata, se sono stata una buona una cattiva madre.
Non lo so perché mi sono interrogata ma non ho trovato una risposta convincente, forse questa risposta tu ce l’hai.
In ogni caso per me è troppo tardi per rimediare agli errori che sicuramente ho fatto, ma sono sicura di una cosa e cioè che noi ti abbiamo dato qualcosa che forse non dovresti sottovalutare.
Ti abbiamo dato uno sguardo, ti abbiamo insegnato a guardare il mondo conservando la capacità di stupirti, di emozionarti.
E forse questo è un dono che tu hai nascosto da qualche parte, che hai deciso di nascondere a te stesso e di non usare; ma sono sicura che è riposto da qualche parte dentro di te e non dimenticartelo come diceva Anderson, che sta da qualche parte perché… perché eri un bambino meraviglioso.
E quindi questo dono, mi sono un po’ persa, questo dono è una ricchezza credo straordinaria che non dovresti sottovalutare qualcosa che credo ti abbiamo trasmesso e che tu a tua volta trasmetterai a tuo figlio che purtroppo ho conosciuto molto poco.
Insomma, quello che voglio dire è che vorrei che tu conservassi questa capacità di stupirti, di emozionarti di fronte alla bellezza, alla poesia, alla libertà, alla giustizia, all’innocenza e alla vita”.