Nel corso del ‘900, la crescita del ruolo pubblico, nelle economie di mercato, si è tradotto nell’aumento continuo della spesa e delle entrate statali in rapporto al prodotto nazionale. Questa tendenza si è accentuata notevolmente dopo il secondo dopoguerra.
Il contributo maggiore deriva proprio dal fatto che gli Stati hanno aumentato le spese per lo stato sociale (quelle per pensioni, sanità, sussidi alla disoccupazione e formazione professionale, indennità per malattia, infortuni sul lavoro ecc.). Dalla metà degli anni ’50 al 1980 le spese per Welfare, in rapporto al Pil, passano dal 8% al 19% negli USA e da 6% al 20% in Giappone. In Europa invece le spese oscillavano dal 15% al 19% passando al 26-30%.
Il continuo aumento della spesa pubblica, unito dalla riduzione dei tassi di crescita dell’economie, ha portato a problemi di finanziamento (crisi fiscale dello Stato), infatti dopo l’esplosione inflazionistica e l’instabilità economico finanziaria degli anni ’70, si è diffusa, sempre più, la tendenza di una politica improntata a misure deflazionistiche, che però hanno generato effetti negativi sulla spesa pubblica cioè sulle voci principali del Welfare.
Alcune teoria economiche affermano esistenza di un trade-off; cioè che politiche redistributive-assistenziali disincentivano il risparmio e l’offerta del lavoro, riducendo quindi la crescita economica.
Si è passiti quindi a una visione del Welfare da investimento a “spesa sociale” ma questo può essere vero se temiamo che l’intervento pubblico sia condotto da comportamenti opportunistici, mirati a massimizzare i proprio interessi a danno di quelli della collettività, per sottrarsi a contribuzioni fiscali e/o tendenti ai proprio benefici.
Ma il pensiero dominante è che la maggior specializzazione e tutela del cittadino, favoriti dai sistemi di Welfare, consentono di distinguere i paesi, in economicamente avanzati, questo perché il Welfare sostiene la competitività e la crescita.
In questi ultimi anni si sta rivedendo sempre di più se aumentare o diminuire le politiche di Welfare, perché da una parte è vero che una minore spesa sociale contribuisce al contenimento del costo del lavoro e quindi alla competitività del prezzo (dumping sociale), ma dall’altra le politiche di Welfare favoriscono l’innovazione, la specializzazione produttiva e la competitività strutturale.
Questo è il secondo di una serie di articoli a cura di Gian Marco Mastrella con il fine di avvicinare le persone a questo argomento economico di natura sociale.
Qui il link del primo articolo, sugli elementi definitori e sui cenni storici del welfare state.