Ovviamente non si dice “profumose”, tuttavia spesso succede che di fronte ai riconoscimenti olfattivi sfoderati davanti un bicchiere di vino si rimanga di primo acchito, anche se a Roma suona molto meglio acchitto, piuttosto scettici.
Non di rado poi il “narratore x” viene pure preso in giro in modo non sempre velato, e tantissime volte le risate sono più che fondate.
Non vi dico, anche se vorrei, cosa hanno sentito le mie orecchie. (I proverbi insegnano che si dice il peccato e non il peccatore, e… c’è tanta verità nei proverbi…)
Di contro, però, per riuscire a individuare gli innumerevoli profumi ricreati dal vino è stato necessario, e perché no opportuno, dividerli in famiglie, riuscendo a catalogarli prima nei cervelli e poi nei libri. E poi di nuovo nei cervelli.
Così, una volta costruito un ordine aromatico-sensoriale è stato possibile raccontarli. E con loro sono nate le relative storielle.
E voi? Che mi dite a riguardo: avete iniziato a guardarli e odorarli questi vini? Oppure l’avete sempre fatto e magari siete anche d’accordo con me?
Frutta e fiori

Fruttato e floreale costituiscono due grandi famiglie all’interno delle quali coesistono diverse sottocategorie.
Inoltre, se li immaginiamo appena colti, spremuti o tagliati rientrano negli aromi primari.
Interroghiamoci se mettendo il naso nel calice i profumi che percepiamo siano freschi, maturi o secchi. E ancora se la frutta o i fiori in questione siano bianchi, gialli o rossi. Oppure “Verdoni”. È il caso di kiwi e mela verde.
Nella sterminata dimensione della frutta ci sono gli agrumi: limone, lime, pompelmo rosa e non, cedro, bergamotto, arancia, mandarino.
Questi possono essere in scorza, freschi, canditi o in confettura.
Poi c’è la frutta a polpa bianca con la pera Williams, la mela Golden o Fuji, e la pesca bianca.
E la frutta a polpa gialla dove troviamo le varie pesche (Percoca, Gialla e Tabacchiera), le albicocche, le nespole e le susine.
Segue la frutta rossa con fragole, melograno, fragoline, lamponi, ribes e mirtillo rosso, visciola, amarena e le ciliegie come quella dell’Etna o quella Del Monte.
E poi la frutta nera: mora, mirtillo e ribes nero, prugna, ciliegia nera come il Durone o la Ferrovia.
O ancora quella esotica con ananas, mango, litchi, passion fruit, melone e banana.
In questi casi la frutta può essere fresca e quindi fragrante o matura (più polposa) o ancora sotto spirito, tipico è il caso della ciliegia, o ancora in confettura (cotta o al forno).
Esistono anche i sentori di frutta secca come fico, dattero, carruba, albicocca disidratata e uva sultanina, nocciola, mandorla e noce. E qui, inconfondibilmente, ci parlano di un vino pronto da bere, sebbene il nostro ampio ventaglio possa contemplare diverse caselle, salterellando da un Friulano maturo ad un Passito di Pantelleria.
Lo stesso discorso vale per i fiori, i quali possono essere appunto bianchi e nel nostro cestino troviamo la rosa bianca, biancospino, gelsomino, i fiori di sambuco, il caprifoglio, il fiore della magnolia, peonia, fresia…

Gialli: camomilla, mimosa, ginestra o la rosa Michka.
Rossi: rosa canina, rosa tea, rosa rossa, viola mammola, violetta, iris.
Il sentore floreale può, pertanto, portare con sé un connotato di freschezza oppure essere più evoluto, e quindi essiccato, vestendosi di pot pourri.
Oppure ancora mostrarsi un po’ pungente e dispiegarsi con note di geranio.
Erbe aromatiche, note balsamiche e vegetali
Rivolgendo il naso a queste tre famiglie ci dirigiamo nell’orto, in cucina e nei boschi, prima e dopo il temporale.
Tra le erbe aromatiche “più facilmente” riconoscibili troviamo salvia, rosmarino, timo, menta, maggiorana, origano, alloro e finocchietto.
Meno popolari possono invece essere verbena, dragoncello e basilico.
All’interno della sfera vegetale, più pungente rispetto a quella delle aromatiche, si rilevano note di erba tagliata, bosso, picciolo di pomodoro, peperone e asparago.
Tali sentori lasciano una forte impronta e una volta individuati sono facilmente assimilabili. Non a caso proprio il Sauvignon è uno dei vitigni più semplici da riconoscere.

Nella dimensione del balsamico, comprensiva di macchia mediterranea e sottobosco, scoviamo tantissimissimi profumi.
Aprono la strada eucalipto, mentolo, talco, fieno e felce, ma troviamo anche il mirto, l’achillea marittima e l’elicriso.
Le resine, la canfora, il ginepro e l’anice, sebbene quest’ultima sia una spezia.
Il muschio, le foglie secche, il sandalo, i funghi e il tartufo.
Gli ultimi due sono spesso presenti nei Meursault (100% Chardonnay) o, per rimanere in Borgogna, nei Pinot Nero da singolo villaggio: Marsannay, Morey-Saint-Denis, Gevrey-Chambertin, Vosne-Romanée o Nuits-Saint-Georges.
Duplice suggerimento: a) piccolo produttore, b) qualche anno di bottiglia.
Cari lettori, sono a 762 caratteri, e me ne servirebbero altrettanti poiché siamo più o meno a metà del percorso, ridotto all’osso.
Mi conforto pensando al fatto che su questo punto sarete d’accordo con me: i profumi sono molto più belli nel bicchiere piuttosto che scritti/letti.
Risulterò ordinaria, ma io apro la mia bottiglia, c’è un ancestrale da Fiano e Falanghina che scalpita.
Voi? Segue…