Abbiamo detto che la prima cosa da fare quando apriamo una bottiglia e versiamo il suo (spero) delizioso nettare nel nostro calice – sempreché non l’abbiate comprata al supermercato perché, in tal caso, le possibilità che tale elisir sia delizioso sono pressoché nulle – è guardarne, appunto, il colore.
Sì, osserviamolo con attenzione e cerchiamo di carpire le macro informazioni che questo ci può dare poiché abbiamo detto che rappresenta il nostro primo indicatore.
Ci aiuta a fare l’identikit del nostro vino, soprattutto quando per diversi motivi non sappiamo che vino stiamo bevendo.
E le ragioni possono essere varie, spaziando dal caso in cui l’etichetta è coperta (degustazione alla cieca più o meno seria o prova d’esame) oppure è semplicemente rovinata oppure ancora il vino rientra in una denominazione e non è presente il nome del vitigno sull’ etichetta.
Per esempio il Brunello di Montalcino si fa con il Sangiovese Grosso, il Barolo e il Barbaresco con il Nebbiolo, il Pouilly Fumé e il Sancerre (Valle della Loira) con il Sauvignon Blanc, il Chianti Classico con almeno un 80% di Sangiovese, l’Etna Bianco Superiore con almeno un 80% di Carricante, il Valtellina Superiore con almeno un 90% di Nebbiolo (qui chiamato Chiavennasca), il Cerasuolo D’Abruzzo con almeno un 85% di Montepulciano e così via.
Quindi il colore ci aiuta a capire con che tipo di uva (vitigno) è fatto il nostro vino, da dove viene e quanti anni ha!
Profumi intorno
È primavera inoltrata, quasi estate, e a mio parere questa è la festa dell’esplosione dei profumi e del gusto. Ovunque.
I mercati sono dipinti di frutta e verdure di tutti i colori, i nostri vestiti spesso sono a fantasia e quando ci capita di passeggiare, magari nei vicoli più stretti senza macchine, si sentono le fragranti note odorose dei fiori.
Una siepe di biancospino o gelsomino, lavanda sulle terrazze, grappoli di glicine, gli alberi di acacia.

Vi ho anticipato (ma non lo dico io) che il vino autocrea/ricrea tutti gli aromi presenti in natura, dove le migliaia di molecole odorose che la caratterizzano e la rendono così variegata, che accendono i nostri sensi e aprono le porte dei ricordi, hanno il dono di manifestarsi nel vino.
C’è la memoria e quindi i ricordi, le emozioni e le sensazioni, i sentimenti. Positivi o negativi.
Il profumo è seduzione e immaginazione. Passato, presente e futuro. Ma è anche concreto e tangibile. In un certo senso lo tocchi, lo tieni vicino se ti piace e lo allontani se non ti piace. È primordiale e fuggevole allo stesso tempo.

Valigia sensoriale: aromi varietali glicosilati e aromi varietali liberi
Le sostanze odorose presenti nel vino, più facilmente percepibili dall’essere umano, si chiamano aromi varietali glicosilati, i quali riescono a liberarsi e diventare palpabili con l’inizio della fermentazione una volta entrati in contatto con lo zucchero.
Il legame glicosidico si rompe e iniziano la loro corsa.
Esistono anche gli aromi varietali liberi, presenti soprattutto nei vitigni aromatici vedi Moscato, i quali al contrario dei precedenti possono essere avvertiti semplicemente masticandone un acino.
Hanno nomi strani e complicati. Ci sono i terpeni, i norisoprenoidi, le metossipirazine, gli alcoli, gli esteri, i chetoni, gli aldeidi…
Tuttavia al di là dei tecnicismi, quello che conta è che tali sostanze danno vita ai profumi che caratterizzano le nostre vite, danno vita a quei profumi che ci hanno fatto crescere e, a volte, portato in luoghi più o meno lontani, fisici o simbolici.
Rappresentano la valigia sensoriale del conosciuto e a volte, nella frenesia o disattenzione, dimenticato.
Rappresentano quello che vorremmo insegnare ai nostri figli o nipoti, rappresentano qualcosa di noi che è bello lasciare, tramandare e custodire.
Rappresentano quello spazio cognitivo emotivo, astratto e concreto che contraddistingue più esistenze.
Per cui Odora, Immagazzina e Codifica…