Home Attualità Siamo stati alla Festa dell’Uva e ci abbiamo (ri)messo una pezza!

Siamo stati alla Festa dell’Uva e ci abbiamo (ri)messo una pezza!

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Avete mai provato a passare la Festa dell’Uva senza toccare bicchiere? Ecco, noi non l’abbiamo fatto.

Alle quattro in punto di sabato pomeriggio eravamo pronti per l’inaugurazione ufficiale, ma a Porta Napoletana ci siamo trovati subito dinanzi al primo dilemma: scattiamo la foto di gruppo delle autorità fuori la Porta, oppure aspettiamo dentro per la foto simbolo del taglio del nastro?

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Abbiamo puntato tutto sul taglio del nastro e alla fine la nostra scelta ci ha garantito un posto d’onore subito dietro le autorità, a loro volta precedute dal Gonfalone della Città di Velletri, che di lì a poco si sarebbero incamminate lungo il tragitto della Festa. Giusto il tempo dell’Inno d’Italia e del “Padre Nostro” del Vescovo, che arrivava però il primo imprevisto: il gonfalone si imbrigliava tra la pubblicità della Festa calata dall’alto di Porta Napoletana; tuttavia, niente di così grave da compromettere la lunga passeggiata verso piazza Cairoli, dove, tra un chicco d’uva ed un bicchiere di vino, le autorità conquistavano il palco (sgombro) mentre la folla era già proiettata a ciò che sarebbe successo qualche ora dopo. E noi con loro.

Non a caso, siccome ci hanno detto che al Mercato coperto la situazione era niente male, siamo andati a vederla con i nostri occhi; qui, oltre a noi e a pochi altri, abbiamo trovato gli operatori del settore preoccupati per la scarsa affluenza e per la mancata partecipazione dei “vicini di banco”. Vista l’ora pomeridiana del nostro sopralluogo, abbiamo pensato: stai a vedé che pure per stasera il pianto rifrutta. Più tardi torniamo e vediamo se ci abbiamo preso.

Nonostante intorno a noi si amplificavano suoni ed odori, qualcuno non ha resistito al fascino di Roma–Carpi, qualcun altro invece s’è fatto trascinare da passeggini, famiglie, musica e artisti che hanno riempito le strade animando la festa. A fare da contorno la platea di venditori che, come mercanti nel tempio, ci ricordano l’altra faccia del divertimento: il lavoro di chi si sposta settimana per settimana tra le varie manifestazioni, cercando di “rubare” un po’ di felicità e di sbancare il lunario.
Assorti nei nostri pensieri ci ritroviamo di nuovo in piazza Cairoli dove, nel frattempo, i biondissimi Carmen Russo ed Enzo Paolo Turchi, mattatori della sfilata di Miss Radio Mania, rimpiazzavano sul palco le autorità. Non abbiamo potuto fare a meno di notare che, ad eccezione di una sparuta rappresentanza di familiari ed amici delle giovani concorrenti, la restante parte della piazza, cospicua, era totalmente intenta ad equipaggiarsi al meglio per fare il suo ingresso in grande stile nell’atteso “Salotto dei vini”. Qui, tra le cantine schierate, facciamo per accodarci ai tanti intenditori quando si materializza davanti a noi la prima faccia nota che, raggiante, ci blocca: “ao, quest’anno quattro dita de vino anziché una!”. Esaltati da tanta passione, ci armiamo ognuno del suo calice (d’ora in poi il famoso calice) e, tirato a sorte, puntiamo la cantina numero 2.

Il famoso calice
Il famoso calice

Soddisfatti della scelta personale compiuta tra il rosso e il bianco, ci preoccupiamo di accompagnare la nostra degustazione con qualcosa da sgranocchiare. È qui che ci torna in mente la partita che abbiamo lasciato aperta al Mercato, dove, guarda un po’, si mangia. E come non detto, ci avevamo preso: alle nove la frittura è terminata e il pescivendolo ha un sorriso sgargiante stampato in faccia. “Misà che ha svoltato la serata”. E noi, invece, restiamo con la fame. Risaliamo allora la china e a colpo sicuro annamo da Cesqui. Qua c’è la fila (e lo sapevamo) ma il nostro panino con la salsiccia non ce l’ha tolto nessuno. Momentaneamente sazi, torniamo al “Salotto” per proseguire la nostra degustazione. Numeri, selfie e risate lanciano la nostra serata, il resto del racconto è impresa ardua.

Il giorno dopo.

La nostra avventura riparte da dove l’avevamo lasciata: piazza Cairoli, “Salotto dei Vini”, fame. Sganciati i fatidici 8 euro per il famoso calice da riempire con l’aiuto dei numeretti, il profumo della carne alla brace ci spinge verso la norcineria “da Giorgio” e innanzitutto decidiamo di mangiare un panino. Quello che non avevamo messo in conto è il nuovo dilemma: il panino con la salsiccia costa 3 euro, ma con soli 50 centesimi in più possiamo aggiungere un bicchiere di vino. La tentazione è stata forte, ma il famoso calice al collo c’ha fermato pochi istanti prima di farlo: d’altronde a questo servono i compagni di viaggio!

Ma risolto il dilemma, osiamo l’impresa: siccome anche in questo caso qualcuno c’ha detto che il gioco valeva la candela, decidiamo di raggiungere a piedi la distante e tanto snobbata Cantina sperimentale e giocarci il numero 8! Il “Saggio” del nostro gruppo ci esorta però a riempire il famoso calice prima di compierla. L’impresa, infatti, prevede un cammino di circa 1 km (almeno secondo noi) per una durata complessiva di dieci minuti (sempre secondo noi).

Giunti alla Cantina sperimentale (impresa egregiamente riuscita) decidiamo di meritare un premio. Ed ecco che, nemmeno a farlo apposta, un’altra faccia a noi nota compare sulla scena e ci accoglie facendoci sentire come a casa (d’altronde c’eravamo solo noi, il che rende l’impresa ancor più impresa). L’ambito premio si materializza in un rosso di Lanuvio, che ha passato ben sei anni in botte: in pratica non più del voto che merita. Sarà che a farlo un po’ sfigurare c’ha pensato il successivo rosè di uve merlot del 2010, prodotto da tedeschi e pensato per il mercato indiano (almeno così c’hanno detto). A questo punto, appresa la notizia, il nostro “Saggio” ha quella che sul momento poteva sembrare una brillante intuizione, nonché una stampella per risolvere una delle crisi internazionali che ci trasciniamo dietro da parecchio tempo: “scambiamo il vino coi Marò!”

Non convinti, stavolta decidiamo di soprassedere degustando il rosè, che infatti vale almeno tanti punti quanti il numero della cantina. Prima di andare via, non ci facciamo mancare un selfie con l’enologo campione di biliardino a Lariano.

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Sulla strada del ritorno, nuovamente colti dalla fame, ecco sopraggiungere il terzo dilemma: mangiare un altro panino o buttarsi su un primo? E proprio quando tutti ci vedevamo già seduti davanti ad un bel piatto di fettuccine, l’aspirante nuovo “Saggio” ci illustra la probabile conseguenza di tale ipotetica scelta, etichettandola come “impantanamento”. Terrorizzati dal fare la fine dell’economia italiana, cambiamo rotta e puntiamo ancora verso il Mercato, stavolta ostinati a conquistare la frittura.

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Qui ad accoglierci troviamo addirittura i Pink Floyd, che per un attimo ci hanno distolto dall’obiettivo dichiarato, salvo poi dirigerci con determinazione verso il banco del pesce. La sensazione provata al momento dell’annuncio della fine della frittura è indescrivibile, vaghiamo confusi nel Mercato e, visivamente alterati, ripieghiamo sulla macelleria. Pensiamo di rifarci con gli arrosticini di pecora, tanto da ordinarne una quindicina, accompagnandoli con qualche panino. È a questo punto che ci accorgiamo che i famosi calici sono vuoti e, memori del dilemma già brillantemente risolto in precedenza, decidiamo di non cedere alla tentazione del bicchiere di vino a soli 50 centesimi in più, “che fa tanto Sagra e poco Festa”.

Per cause di forza maggiore, dunque, il gruppo si divide: una parte custodisce l’ordine preso, un’altra fa un salto al “Salotto” a riempire i famosi calici, optando per la cantina numero 1. Tornati precipitosamente al Mercato con l’acquolina in bocca al pensiero degli arrosticini fumanti, veniamo bruscamente riportati con i piedi per terra dalla notizia che, in realtà, gli arrosticini disponibili sono solo cinque e, per giunta, già crudelmente divorati dal resto del gruppo rimasto in attesa.

Sconforto. Ancora più fame. L’ordine tarda ad arrivare, il vino evapora inspiegabilmente. Cominciano i primi segni di nervosismo, placato tempestivamente da pane e lonza offertoci e, dopo una mezz’ora, anche dall’arrivo dei panini. Ma quando la cena sembra avviarsi a conclusione, arriva quella che a Velletri in molti considerano una annosa costante: la pioggia. Un acquazzone si abbatte sulla Festa e ci costringe a rimanere al coperto. Giriamo contrariati tra i banchi ed è qui che riusciamo a “scroccare” un bicchiere di vino, un pezzo di sbriciolona al cioccolato, due baci e quattro chiacchiere al forno del Mercato. Tutto sommato una bella consolazione.

Infranto l’auspicio che la pioggia cessasse, decidiamo comunque di concludere la serata al punto di partenza. Sfidiamo quindi le intemperie e arriviamo al “Salotto” ormai abbandonato e, insoddisfatti per non aver toccato tutte le cantine, troviamo rifugio nel bar e conforto in qualche distillato. È qui che, quando tutto sembrava volgere al termine, intenti a tirare il bilancio di questa piacevole due giorni, si materializza non la solita faccia nota, bensì lui: la gueststar della serata che la pioggia ha buttato giù dal palco, quel Marco Ligabue che solo qualche ora prima uno dei nostri aveva intervistato. Ecco allora l’ultimo dilemma: ce ne andiamo così, sazi e festanti o prima ci facciamo un selfie con Liga? È andata così.

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Il reportage è un esperimento di
Gabriele, Gianmarco, Giorgio, Matteo, con la collaborazione di Gabriella.

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